San Biagio - Chiavica di LegnoUna cattedrale nel deserto



Lungo l'argine del Reno, all'altezza di Filo, c'è una casa. Una grande casa colonica, conosciuta da tutti come Chiavica di Legno o Villa S. Anna dal nome della piccola chiesa che sorge al suo fianco. Un'enorme cattedrale nel deserto agricolo, che porta in sé i segni di un mondo scomparso: quello dei pionieri delle valli. In questo racconto seguiremo le storie che si sono intrecciate attorno a questa casa, dalla prima bonifica fino alla sua rovina attuale.


“Un'antica credenza paesana racconta che nelle notti del venerdì in alcuni crocevia di campagna, a mezzanotte, avveniva il raduno delle streghe, con la partecipazione di alcuni demoni. [...] Terribili maledizioni erano scagliate contro l'incauto al quale capitasse di disturbare il convegno con la sua presenza. [...] Stravolto, raccontava cose fantastiche, come di aver assistito a terribili riti pagani, di aver visto fantasmi fluttuare “a mezz'aria” insieme a voci e rumori infernali”.
Ma… i fantasmi e le streghe non esistono, giusto?
Eppure Olao Mingozzi, nelle sue Reminiscenze sulla vita contadina nella campagna argentana, racconta che queste credenze erano ancora vive ancora negli anni trenta. Nelle case di campagna vicine ai luoghi dove si presumeva sarebbe avvenuto il sabba le porte e le finestre venivano sprangate al calare delle tenebre e nessuno si azzardava a uscire per strada. Nessuno, se non qualche coraggioso giovanotto che accoglieva la sfida degli amici. Secondo la leggenda, armandosi di un legno biforcuto, infilando il collo nell'incavo della forca e puntando il gambo verso l'incrocio, era possibile scongiurare gli eventuali malefici che le streghe avrebbero lanciato contro chi si avvicinava troppo. E non pochi giuravano di aver effettivamente avuto il coraggio di sfidare le fattucchiere e di aver assistito ai loro sinistri riti. Riti che lasciavano un segno indelebile di terrore.
Forse, camminando lungo il sentiero in una giornata assolata, è difficile immaginare che questi lugubri raduni avvenissero davvero. Ma quando cala la notte e una nebbia impenetrabile si alza dal fiume e dai canali, e avvolge gli argini, questi scenari orrorifici non sembrano così lontani. Soprattutto se ci trova nei pressi di qualche vecchio rudere, con il tetto crollato e le mura ricoperte di rampicanti.
Questi sono i veri fantasmi della pianura. Le cascine, i casolari e i capanni abbandonati da decenni, che costellano la campagna attraversata dal Primaro. Le ultime povere vestigia contadine, di quelle comunità agricole sorte lungo il fiume, che con il tempo si sono lentamente svuotate, lasciando di sé solo il ricordo.
E nel deserto rurale, a chilometri di distanza da ogni centro abitato, sorge la regina dei ruderi: la Chiavica di Legno.
Questo è il nome popolare che viene dato a una grande villa diroccata che domina la campagna ai piedi dell'argine sinistro del Reno. Al di là del fiume, di fronte alla villa, dove le acque del Santerno si gettano nel vecchio alveo del Primaro, esiste ancora, nascosta nella boscaglia, la vecchia chiavica settecentesca da cui la località prende il nome.
Qui, all'inizio dell'Ottocento venne avviata una bonifica delle paludi a sinistra del Reno, tra il fiume e il paese di Filo.
L'Avvocato Cipriano Andrea Ghedini, proprietario di queste terre, si accorse che man mano che i campi venivano prosciugati, sempre più famiglie si stabilivano lungo l'argine, dove ancora oggi possiamo vedere alcune case. Nacque così una piccola comunità, raccolta attorno al “passo”, cioè al traghetto che collegava le due sponde. E anche se la chiavica al di là del fiume era ormai in disuso, gli abitanti del posto cominciarono a chiamare quel piccolo centro abitato “Chiavica di Legno”, e così il nome fu consacrato.
Come centro di questa comunità, l'Avvocato Ghedini fece costruire nel 1841 la grande villa che ancora oggi possiamo ammirare dal sentiero. Il sogno di Ghedini era forse quello di vedere prosperare questa borgata circondata dai campi. Una specie di piccola Utopia agreste. E per qualche tempo fu così. La comunità si ingrandì, accanto alla villa venne eretta la chiesetta di Sant'Anna, un piccolo gioiello che divenne meta di processioni e pellegrinaggi dalla vicino Filo, e nel Novecento venne anche costruita una scuola, che possiamo trovare sempre lungo l'argine, poco più avanti.
Il Palazzo Ghedini, così veniva chiamata all'epoca la villa, fu per molto tempo un punto di riferimento nella campagna circostante, come una cattedrale solitaria nella distesa dei campi.
Nel primo dopoguerra la villa passò alla famiglia Tamba, e mantenne ancora per qualche anno il suo splendore. Fino a quando i fuochi della Seconda Guerra Mondiale arrivarono a bruciare le sponde del Reno. Durante i mesi della Resistenza, la residenza dei Tamba fu martoriata dai bombardamenti e divenne teatro di crude rappresaglie tra fascisti e partigiani. E quando la pace finalmente tornò, la villa era ormai stata abbandonata.
Oggi il Palazzo Ghedini, o Palazzo Tamba, o Villa Sant'Anna - come ufficialmente dovrebbe essere chiamata - è ancora una cattedrale nel deserto, ma è una cattedrale in rovina.
Il tetto sfondato, la facciata corrosa dall'umidità, le finestre rotte e sprangate con rudimentali assi di legno. La villa è quasi un rudere, e forse il nome di “Chiavica di Legno” le si addice ora più che mai, con quella vaga aria di nostalgia e fatiscenza.
Uno spettro, uno spettro molto reale, ancora maestoso per certi aspetti. Ricorda il coraggio pionieristico di quelle bonifiche ottocentesche e allo stesso tempo l'abbandono che negli ultimi decenni queste terre hanno vissuto.
E proprio alla sua atmosfera spettrale la Chiavica di Legno deve la sua più recente, lugubre, fama. Si dice infatti che non troppo tempo fa, nelle notti nebbiose, la villa abbia ospitato riti oscuri e messe nere.
Se sia vero, non lo sappiamo. Ma gettando l'occhio attraverso i rampicanti e le finestre, nelle stanze abbandonate invase dagli arbusti, non è difficile immaginare che qualche moderna strega abbia scelto la villa come dimora, o che qualche fantasma infesti davvero questo luogo.
Ma alla fine… i fantasmi e le streghe non esistono. Giusto?
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Pubblicato nel marzo del 2015
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