Consandolo - BoccaleoneDietro le linee nemiche



Non molti lo sanno ma in Italia la Seconda Guerra Mondiale è terminata proprio qui, sull'antico corso del Primaro, durante l'ultima offensiva sulla Linea Gotica. Qui l'Esercito Alleato e la Resistenza hanno combattuto le ultime battaglie contro l'esercito del Reich, in quella che gli storici chiamano Argenta GAP , la Stretta di Argenta. In questo racconto, seguiamo la storia di Robert Bell detto Bob, originario di Pretoria, Sud Africa, che venne abbattuto sul suo Spitfire e condotto oltre le linee nemiche con l'aiuto dei Partigiani.


“Un cumulo immenso di rovine e di macerie: vie intere distrutte, spazzate come da un ciclone; case smantellate, chiese sventrate, piazze sconvolte, montagne di rottami, crateri immensi e profondi da accogliere interi fabbricati, groviglio di travi e di condutture contorte e spezzate, giardini bruciati, alberi divelti, passaggi ostruiti, scheletri di edifici, sinistri come spettri di leggenda. La morte grava sulle case distrutte e si libra, pesante, nell'afa soffocante. In tutti, una chiusa ispezione che agghiaccia”.
Con queste parole Carlo Zaghi commenta la distruzione di Argenta in seguito ai bombardamenti del 12 aprile 1945. Uno scenario post-apocalittico che stride con la cittadina che sorge ora lungo il corso del fiume Reno. Eppure proprio qui, per lunghi mesi si combatté la guerra di Liberazione dell'Italia. E in quella primavera, sebbene distrutta, Argenta era finalmente libera, libera dal giogo nazi-fascista, libera di sperare di nuovo. E questo, grazie alle donne e agli uomini che da ogni parte del mondo hanno combattuto per questa terra. È il 31 dicembre 1944. Ore 4 e 55. Robert Bell, detto Bob, osserva la distesa bianca e immacolata della campagna, centinaia di metri sotto di lui. Il paesaggio potrebbe trasmettergli anche una certa serenità, se non fosse nel mezzo dell'inverno più duro della guerra. Bob viene da Pretoria, Sudafrica, ed è un pilota di Spitfire dell'esercito inglese. Il suo obiettivo è colpire un convoglio tedesco a nord di Argenta. Quando individua il bersaglio, però, qualcosa va storto: la contraerea tedesca apre il fuoco e mette fuori uso l'elica del suo aereo. Bob perde quota. Impossibile aprire il paracadute. Non ha alternative: tentare un atterraggio di fortuna, dietro le linee nemiche.
L'impatto è violento. L'aereo si infossa nel fango e si ribalta, lasciando Bob a testa in giù. Come se non bastasse, nel tentativo di liberarsi, Bob fa scattare l'artiglieria del suo Spitfire, che apre il fuoco in mezzo alla campagna desolata. Perfetto, ora i tedeschi sanno dove si trova. Deve correre, se vuole salvarsi.
E così, frastornato, Bob attraversa i campi ghiacciati, mentre le mitragliatrici tedesche brillano alle sue spalle. Strano, ma sembra che i nemici non lo stiano seguendo. Solo quando arriva ad un casolare recintato Bob capisce il perché: quello che ha appena attraversato è un campo minato, è vivo per miracolo.
Ma la sua epopea è appena iniziata. Fugge per i campi infestati dai tedeschi, come uno spettro piombato dal cielo. È disidratato e ha gli stivali pieni d'acqua ghiacciata. Deve trovare un rifugio e al più presto. Dopo giorni di fuga, finalmente, vede un casolare. Sente delle voci. Sono italiani, non c'è dubbio. Deve provare il tutto per tutto. Bussa alla porta, biascicando quelle due parole di italiano che conosce: “Signora” “Acqua”. Silenzio. Bussa di nuovo. Silenzio. Sta per lasciare perdere, quando la porta si apre.
Non è facile intendersi, quando nessuno conosce la tua lingua. Ma si sa che noi italiani siamo molto bravi a spiegarci, quando gesticoliamo. E così, grazie ad uno strano miracolo linguistico, Bob riesce a far capire alla famiglia Zamboni di essere il pilota inglese che si è schiantato qualche giorno prima non lontano da lì. L'accoglienza ha un che di commovente. Vestiti asciutti, pane, acqua e vino in abbondanza. E un cantuccio caldo nella stalla, tra mucche, maiali e galline. Bob non può desiderare di meglio. Starà nascosto da loro finché non troveranno un modo per farlo tornare al fronte. Devono solo mettersi in contatto con i partigiani.
E così accade. Pochi giorni dopo, Bob, nascosto sul fondo di una barca, viene portato verso una base sicura, nel cuore delle valli.
Quando avvista il covo partigiano, la visione ha un che di surreale. Dalle acque emerge una casa, allagata per metà, a cui si accede dal piano superiore. Dentro, la compagnia è delle più eclettiche. Un gruppo di partigiani, la Compagnia Ruggero Mazzini, composta da Ruggero, suo fratello Giuseppe, i fratelli Corticelli, Ignazio Mazzolini, Menegatti di Migliarino, un cuoco di nome Spada, tre russi - Nikolaj, Grigorij e Petr' - e quattro cecoslovacchi - Giovanni, Julio, Stephan e Giorgio - e infine un pilota americano, Wayne Dodds, che proprio come Bob si è schiantato nella palude. Ah sì, c'è anche una mucca. Il piano è quello di superare le linee tedesche e tornare tutti al fronte, tra gli alleati. Ma le cose non andarono così lisce.
La notte in cui il gruppo tentò di attraversare la valle, si scatenò una bufera. L'acqua gelida si ingrossava, mentre la pioggia rendeva impossibile la navigazione. Bisognava tornare indietro. Ma la barca che trasportava i fratelli Corticelli e Ignizio Mazzolini fu travolta dalla tempesta. Le loro grida disperate riecheggiarono nella valle, ma il buio pesto impediva ogni possibilità di soccorso. Quando ritornarono alla base, non c'era più nulla da fare per loro. La valle li aveva presi.
Nel frattempo i tedeschi avevano scoperto la posizione del loro nascondiglio. Quello non era più un luogo sicuro e la compagnia si trovò costretta ad attraversare ancora le valli. Ma qualcosa era cambiato: la palude si sta congelando.
Bob e gli altri dovettero camminare su un sottile strato di ghiaccio che ad ogni passo rischiava di spezzarsi all'improvviso. Fu così che perse la vita Julio, uno dei ragazzi cecoslovacchi, inghiottito dall'acqua gelida.
Quando la compagnia finalmente giunse sull'Argine di Mezzano, però, trovò altre truppe tedesche ad attenderla. Ripresero a correre, sotto la pioggia torrenziale e le esplosioni delle granate. Fu allora, mentre attraversavano un argine, che Bob venne travolto da un boato. Quando la nube di terra si dissolse, Vincenzino, il più giovane della compagnia, giaceva a terra mutilato. Una mina. Sarebbe morto di lì a poco. Anche se mancava poco al fronte, quell'odissea non aveva finito di mietere vittime.
Giunti finalmente in prossimità del Reno, al passo di Sant'Alberto, la loro speranza era una sola: che gli alleati, dall'altra parte venissero a recuperarli. Ma era il gennaio del '45 e la guerra attorno a loro infuriava. Tuoni di cannoni e raffiche di contraerea brillavano nel cielo come visioni apocalittiche. Era improbabile che qualcuno si azzardasse ad attraversare il fiume.
E Bob non voleva aspettare. La notte del 22 gennaio, richiamò le sue ultime forze, lasciò quello che rimaneva della compagnia Ruggero Mazzini e si rimise in viaggio.
Era la sua ultima occasione. Guadò il fiume congelato, immerso nel fango ghiacciato, fin quando non trovò una barca. Ma anche la barca era congelata.
Era solo, completamente solo, in un paese straniero, nel pieno di una guerra, con i piedi ibernati che gli impedivano di camminare. Si trascinò in un casolare abbandonato aspettando la sua fine. Quando bussarono, sperava fosse giunta la sua ora. Ma ad entrare non furono dei tedeschi: erano partigiani.
Lo condussero su una barca fino al fronte, dove venne immediatamente recuperato dagli inglesi, per poi essere trasferito all'ospedale di Ravenna. Un caso di congelamento da manuale. Bob perse tre dita del piede sinistro e passò gran parte del '45 nelle retrovie, in convalescenza. Era riuscito a salvarsi e presto sarebbe tornato a casa. Ma di Ruggero, dei cecoslovacchi e degli altri della Compagnia non seppe più nulla. Che ne era stato di loro?
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Pubblicato nel marzo del 2015
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