SanNicolo-OspitalmonacaleLe nebbie del tempo



Il nostro cammino comincia qui, sulle tracce di un fiume che non c'è più. In questo prologo, vi introdurremo alle storie che sentirete scorrere tra questi argini, dal dominio della famiglia estense alla Guerra di Liberazione, dalle incursioni dei briganti alla morte di Anita Garibaldi, fino alla favola di Anna e Marco, i due lupi del Delta. Un viaggio sonoro che vi terrà compagnia lungo questo sentiero, sul letto di questo fiume fantasma: il Po di Primaro.



“C'era un'enorme foresta, i Galli la chiamano Litana, attraverso la quale Postumio Albino voleva far passare l'esercito. [...] Aveva due legioni romane e aveva arruolato dalle coste del mare un così grande numero di alleati, che introdusse nel territorio nemico venticinquemila armati. [...] Scamparono a malapena dieci uomini.”

Sembra difficile da credere, ma il misterioso Agguato della Selva Litana, che Tito Livio descrive così nella sua storia di Roma, avvenne proprio in questa regione, forse non lontano dai sentieri che percorriamo oggi.
Provate a immaginare tutto attorno a voi una fitta e immensa foresta, che si stende oscura dai lontani Appennini fino alle coste del mare Adriatico. Chilometri e chilometri di alti alberi, solcati da fiumi e torrenti che scorrono sotto l'ombra delle fronde. Il vento muove le foglie, fa gemere i tronchi e porta sussurri sinistri alle vostre orecchie.
Questo era l'aspetto di queste terre più di duemila anni fa, quando i Romani non avevano ancora spinto il loro dominio fino a questa pianura e i popoli celti vivevano qui, quasi in simbiosi con la natura selvaggia e infida della Selva Litana.
Fu qui che nel 216 a.C. avvenne uno dei fatti più sconosciuti della storia romana. La seconda guerra punica imperversava, e Annibale era sceso lungo gli Appennini con i suoi celebri elefanti e i suoi eserciti stranieri per sconfiggere le truppe di Roma nel massacro di Canne. I Galli che abitavano questa boscosa pianura incontaminata si erano alleati con i Cartaginesi per sconfiggere i Romani, che da tempo insidiavano le loro foreste.
Per punirli, il console Postumio Albino condusse un esercito di venticinquemila uomini nell'oscurità della Selva Litana. Ma nessuno di loro tornò.
La leggenda narra che mentre le legioni romane attraversavano la selva, la foresta stessa inghiottì i legionari: gli alberi di tutta la selva cominciarono a muoversi e si abbatterono su di loro, rompendo le fila dei soldati e sterminandone a migliaia.
Le cronache raccontano che i Galli avessero inciso i tronchi degli alberi in modo che restassero in piedi, ma cadessero alla minima spinta. Al passaggio dell'esercito romano essi, nascosti nell'ombra, fecero rovinare gli alberi sui legionari per poi attaccare i sopravvissuti e trucidarli tutti, senza fare prigionieri.
Una sconfitta così inquietante che i Romani non vollero ricordarla e del luogo esatto di questo agguato non è rimasta memoria. Una leggenda, forse. Sì, una leggenda. Che però ci parla della natura indomita e minacciosa di questa pianura con cui per secoli l'uomo ha dovuto combattere nel continuo tentativo di soggiogarla.

A guardare ora i campi che si stendono piatti e pacifici fino all'orizzonte è difficile immaginare quanto questa terra sia cambiata nel corso dei secoli. Ma non bisogna farsi ingannare. Quello che circonda questo sentiero è un paesaggio tutt'altro che naturale, in un certo senso costruito dall'uomo durante la grande bonifica del secolo scorso.
Questa pianura fu prima una immensa foresta, e poi, dopo i disboscamenti romani, una palude malarica dove i torrenti appenninici si mescolavano al grande Delta del Po e alle acque salmastre delle valli. Qui la terra non è stata una facile conquista per l'uomo.
I corsi dei fiumi potevano cambiare anche di anno in anno, perdendosi in un dedalo di acque stagnanti e precarie strisce di terra su cui crebbero gli insediamenti umani. Un mondo in bilico tra le acque, le macchie boscose e i canneti.

Per molto tempo il fulcro di questo territorio instabile fu il Po di Primaro, un ramo del Delta che si distaccava dal fiume principale nei pressi di Ferrara e correva fino al mare attraversando le paludi, per sfociare nell'Adriatico poco a nord di Ravenna.
Essendo navigabile, costituì una delle principali vie di comunicazione tra Ferrara e Ravenna, e quindi tra la Pianura Padana e il mare, che apriva le porte dell'Oriente.
Durante il Rinascimento, quando la casata degli Este portò Ferrara a essere una delle corti più importanti d'Europa, il Primaro fu per molti anni un elemento strategico. Confine tra il ducato di Ferrara e le terre direttamente controllate dal Papato, rotta commerciale e anche campo di battaglie navali nella guerra tra gli Este e Venezia.
Attorno al fiume intanto il paesaggio cambiava, sotto l'instancabile azione dell'uomo. I duchi di Ferrara lasciarono una forte impronta della loro potenza militare e del loro amore per l'arte, costellando il loro dominio di rocche e residenze. Pochi chilometri a est del sentiero del Primaro venne eretta nel 1464 la Delizia di Benvignante: una villa di campagna, splendido esempio dell'architettura rinascimentale, in bilico tra il luogo di villeggiatura e la roccaforte difensiva.
Inoltre gli Este dichiararono guerra anche alla palude. Furono costruiti canali e chiuse, in un tentativo di bonifica che durò per decenni, modificando sensibilmente la geografia di tutto il polesine. Ma spesso la forza delle acque si rivelò indomabile, e ogni intervento di bonifica portò nuove alluvioni. La lunga battaglia per strappare la terra alla malsana palude era solo iniziata.

Quasi come un segno, la storia del Po di Primaro finisce insieme a quella della casata degli Este. Mentre il secolo d'oro della corte di Ferrara giungeva al termine, nel 1592 il duca Alfonso II ordinò la chiusura del Primaro. Le acque di questo fiume furono deviate in un ramo più settentrionale del Delta, il Po di Volano, e il suo letto, ormai vuoto, andò a perdersi tra le paludi e le valli che ancora dominavano la pianura. Il Primaro divenne così un fiume fantasma, come è ancora oggi.
Ma come ogni fantasma che si rispetti, da allora, il Primaro è tornato a vivere sotto nuove forme, come il canale Primaro, che scorre oggi a sinistra del sentiero tra San Nicolò e Traghetto. Come ogni fantasma, non ha mai abbandonato la sua terra.
Anagrafica dell'Ente
Comune di Argenta
Piazza Garibaldi 1
44011 Argenta (FE)
Tel. 0532.330.111- Fax 0532-330.217
Cod. ISTAT 038/001
Partita I.V.A. 00108090382
Codice Fiscale 00315410381
municipio@pec.comune.argenta.fe.it

Accessibilità
Questo sito, interamente gestito con il CMS i-Plug, è accessibile a tutti gli utenti poiché il codice che lo sostiene è compatibile con le direttive del W3C che definisce gli standard di sviluppo per il web: XHTML1.0 - Mobile friendly

Crediti
La gestione di questo sito è a cura della redazione del comune di Argenta
Responsabili del sito alla sezione note legali
Privacy GDPR
Pubblicato nel marzo del 2015
Realizzazione sito Punto Triplo Srl
Area riservata